La quota di legittima

Il nostro ordinamento riserva a determinati soggetti legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto), una quota di eredità, legittima, della quale non possono essere privati per volontà del defunto, sia stata questa espressa in un testamento o eseguita in vita mediante donazioni.
Il testatore, pertanto, può liberamente disporre solo della quota che la legge non riserva a questi soggetti ovvero la quota disponibile.

  • Figli: in assenza di coniuge, se vi è un solo figlio, allo stesso è riservata la metà del patrimonio (quota disponibile = metà);in assenza di coniuge, se vi sono più figli, sono loro  riservati i due terzi del patrimonio da dividersi in parti uguali (quota disponibile = un terzo).
  • Coniuge: in assenza di figli e ascendenti, al coniuge è riservata la metà del patrimonio (quota disponibile = metà).
  • Concorso tra figli e coniuge: nel caso di un solo un figlio, ad esso è riservato un terzo del patrimonio e al coniuge è pure riservato un terzo del patrimonio (quota disponibile = un terzo). Nel caso in cui ci siano più figli, al coniuge è riservato un quarto del patrimonio, ai figli è riservata la metà del patrimonio, in parti uguali tra loro (quota disponibile = un quarto). 
  • Ascendenti: in assenza di figli e coniuge, agli ascendenti del defunto è riservato un terzo del patrimonio (quota disponibile = due terzi).
  • Concorso tra ascendenti e coniuge: in assenza di figli ma con coniuge e ascendenti, al coniuge è riservata la metà del patrimonio mentre agli ascendenti è riservato un quarto del patrimonio (quota disponibile = un quarto).
  • Diritto di abitazione e uso del coniuge: al coniuge, anche quando concorre con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e l’uso dei mobili che la corredano (diritti gravanti sulla quota
    disponibile).

La quota di legittima non va calcolata sul valore del patrimonio del defunto al momento della morte, ma sul valore risultante dalla seguente operazione:
valore del patrimonio - valore dei debiti del defunto + valore delle donazioni in vita (alla data di apertura della successione).

Se un legittimario viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima, per effetto di una disposizione testamentaria e/o di donazioni poste in essere in vita dal defunto, esso può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima  mediante un’apposita azione giudiziaria, l’azione di  riduzione, soggetta al termine di prescrizione di 10 anni.
I legittimari possono rinunciare all’azione di riduzione solo dopo la morte del testatore.
L’azione di riduzione va proposta nei  confronti dell’erede o del donatario che ha ricevuto beni in eccedenza. Se il donatario ha, nel frattempo, alienato a terzi gli immobili donati, e non ha altri beni nel proprio patrimonio sui quali il legittimario leso possa soddisfare le proprie ragioni, quest’ultimo potrà chiedere ai terzi acquirenti la restituzione del bene a suo tempo donato: questa è l’azione di restituzione.
Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in denaro.

L’azione di restituzione, in caso di immobili, può essere intrapresa dal legittimario leso solo se non sono decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione. Lo stesso principio vale anche per le ipoteche e per ogni altro vincolo sull’immobile che il donatario abbia iscritto o trascritto sull’immobile donatogli.
Se l’azione di riduzione è domandata dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione, le ipoteche e i pesi restano efficaci, fermo restando, però, l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni.